martedì 22 marzo 2011

De' Legno!


Brown Ribbon era il nastrino di una vecchia campagna contro l'ipocrisia "Politically Correct"; ora è il titolo della rubrica di RightRugby per le polemiche controcorrente. Brown Ribbon non se la prende coi "neofiti" - anzi ben vengano: sono proprio i potenti ancoraggi nella tradizione che ha il rugby, a consentire di essere innovativi e rendere ridicole le puzze sotto il naso degli "iniziati". La rubrica non ha paura di rischiare tackle un po' alti o prese di posizione apparentemente imbarazzanti, come quella di Bakkies Botha su Jimmy Cowan nel logo. "If you can't take a punch, you should play table tennis".

Il primo post di questa nuova rubrica era originariamente dedicato a quegli straccia puntini puntini che nel 2011 continuano a menarcela col far silenzio Munsteriano (nel senso della franchigia irlandese, non del periodo preistorico) durante i piazzati. Si vede che con Dunedin o Bloemfontein non si son mai collegati, e sarebbe difficile sostenere che laggiù non abbiano una mentalità rugbisticamente "giusta" ...
Invece recuperiamo da Il Grillotalpa, che ringraziamo, un articolo della settimana scorsa di Stefano Semeraro per La Stampa. Il tema era allora vagamente jettatorio, il Cucchiaio di Legno; ora purtroppo se ne può parlare. Il contenuto è riassumibile con l'incipit: "L'Orrenda Stoviglia non è roba nostra, non ci compete, non ce la meritiamo".
Se copincolliamo l'articolo prima di commentarlo, è come se facessimo l'applauso alla squadra sconfitta prima che lasci il campo; ognuno è libero di pensarla come crede su (quasi) tutto, e di inesattezze ben più gravi se ne trovano nel web su temi ben più pregnanti. Motivo della polemica, scorretta nel senso di contro la propalazione di luoghi comuni, è che molto di quell'articolo, dalla struttura all'ordine dei temi e persino ai motti latini riportati, somiglia stranamente a una non dichiarato contrappunto a un(a parte di) post su queste colonne che sosteneva la tesi opposta. Sarà sicuramente una straordinaria coincidenza, dato che l'articolista della mitica Busiarda non ci cita; ma tant'è, noi polemizziamo con forme e contenuti, mica con le opinoni.

Un incubo chiamato Cucchiaio di Legno
Stefano Semeraro per La Stampa
L’Orrenda Stoviglia non è roba nostra, non ci compete, non ce la meritiamo. E che non si azzardino i britannici a sostenere il contrario. Domani la nazionale gioca la sua ultima partita di questo folle Sei Nazioni a Edimburgo, contro la Scozia. In classifica Parisse & Co hanno due punti, gli highlander zero e vincendo potrebbero raggiungerci e scavalcarci per via della differenza punti, ma il Wooden Spoon, il Cucchiaio di legno, quest’anno, è una minaccia solo per loro.
Sul più malinconico dei tanti trofei, concreti e virtuali, che ogni anno il Torneo mette in palio, in realtà da anni si agita la vexata quaestio: tocca a chi perde tutte le partite, o a chi semplicemente arriva ultimo? La tradizione indica la prima versione, e quindi attribuisce solo 4 cucchiai all’Italia; i parvenu delle statistiche la seconda, e agli azzurri ne rifilano 8. La soluzione del dilemma va cercata però nello spirito del gioco, oltre che nella storia del torneo. Il Wooden Spoon originario non aveva nulla a che fare con lo sport, era una sorta di «maglia nera» lignea, enorme e con dedica in greco antico, consegnata sin dal XVIII secolo al peggiore degli studenti del terzo anno di matematica a Cambridge: modo goliardico e scaramantico (per gli inglesi toccare legno è come per noi toccare ferro) di augurare miglior fortuna a uno studente che, comunque, gli esami gli aveva passati. Dalle aule lo sberleffo tracimò, molto britannicamente, sui campi di gara.
A Cambridge l’ultimo a riceverlo, nel 1909, fu Cuthbert Lempriere Holthouse, canottiere del St. John’s College, dove la reliquia riposa in una teca, ma già nel 1884 il rugby aveva copiato l’idea. Allora il Torneo riguardava solo le quattro «Home Unions» – Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda – e si tramanda che durante una trasferta nel Cantone dei Grigioni sia stato William Bolton, ala inglese e futuro eroe della guerra anglo-boera, ad acquistare un souvenir in stile elvetico da consegnare agli irlandesi, sempre sconfitti nella prima edizione del 1883. Dal 1909 il Cucchiaio original è misteriosamente scomparso, qualcuno sostiene sia custodito in una abbazia delle Orcadi, ma l’award (virtuale) alla broccaggine assoluta è rimasto.
Il torneo nel frattempo si è allargato prima a Cinque (nel 1910 con Francia), poi a Sei Nazioni, includendoci nel 2000. A lungo non ha avuto una classifica ufficiale, fino al 1993 non disponeva, materialmente, neppure di un trofeo da consegnare ai vincitori. Solo nel ’94 è stata introdotta la differenza punti, estranea alla tradizione ma utile al marketing, per decidere il vincitore in caso di parità in classifica. Però da sempre il Grande Slam va a chi vince tutte le partite, la Triplice Corona alla squadra britannica che batte tutte le altre tre: giusto e logico che il Cucchiaio di legno, che esisteva prima della classifica, vada attribuito solo all’eventuale perdente «totale». Adeguarsi alla differenziazione, introdotta burocraticamente nel 2000, fra il “whitewash” (tutte perse) e il “wooden spoon” (ultimo in classifica) costringerebbe peraltro a riscrivere la storia e a ritrovarsi davanti a casi paradossali. Nel 1973 tutte le nazioni arrivarono a pari punti: tutte vincitrici e tutte col Cucchiaio? No, cari scozzesi, il triste utensile l’abbiamo scansato battendo la Francia. Ora tocca a voi evitarlo, se ne siete capaci.


Ora tocca a noi replicare, e ne siamo capaci. Ovviamente dalla nostra tacca di orgogliosi "parvenu delle statistiche".
Per spiegare il background di 'sto "riconoscimento", s
arebbe stato più produttivo che l'autore fosse partito dalle fonti corrette al posto di Wikipedia (se si digita "wooden spoon" salta fuori tutta quella interessante storiella di Cambridge etc.etc.). Esistono appositi siti ufficiali: in quello della RBS, l'Ente che gestisce il Torneo delle Sei Nazioni ad esempio si legge: " (...) the last-placed nation at the end of the tournament is said to have won a purely figurative Wooden Spoon". Va ben che alle latine latitudini ci si sente sovente troooppo intelligenti per accettare le affermazioni dell'Autorità Costituita così come sono, ma tanto basterebbe per poter dire, punto e fine della discussione.

A sfruculiar storie e tradizioni però non ci tiriamo certo indietro. "Il Torneo a lungo non ha avuto classifiche ufficiali": c'erano, eccome. Non si dovrebbe confonder gli ex aequo con l'indeterminazione: i draw eran previsti e accettati serenamente, capitò dieci volte anche nel Dopoguerra, l'ultima volta nel 1988, di aver più di un vincitore. Nel citato 1973, il titolo venne attribuito a tutte le cinque partecipanti; il Cucchiaio non fu assegnato, non essendoci una "ultima classificata". As simple as that. Difficile da comprendere forse, ma stiamo parlando di "formalità informali" nate in un Paese che di "ufficiale" non ha manco la Costituzione ...
Il parallelo successivamente proposto tra Wooden Spoon da un lato, Gran Slam e Triple Crown dall'altro, sarebbe arduo da sostenere anche per il tomista aristotelico più vicino al dantesco "amor di simmetria": anch'egli troverebbe più logico stabilire casomai un parallelo tra assegnatario del Cucchiaio e Vincitore del Torneo: primo e ultimo, o primi e ultimi - come ci furono diversi ex aequo in testa, pre 1910 furono assegnati anche più Cucchiai nello stesso anno.
"La differenziazione, introdotta burocraticamente nel 2000, fra il “whitewash” (tutte perse) e il “wooden spoon ” (ultimo in classifica)". Bah, lo Spoon almeno dall'ultimo secolo è "purely figurative" e non è mai stato introdotto o regolato da organismi burocratici nè prima nè dopo il 2000. Tantomeno nessuno s'è mai sognato di distinguerlo dal whitewash (termine generico, tradotto a senso starebbe per "cappotto"): ci possono essere Cucchiai centrifugati candidi e non.

La vera storia delle differenti scuole di pensiero sullo Spoon non ha base logica e non la si trova su Wikipedia. Dice pare sembra che, la diatriba sia dovuta guarda caso ai francesi. Nei primi durissimi tempi dal loro ingresso, quando i Galletti le perdevano tutte, capirono o finsero di capire male, decidendo poi "alla francese" cioè in perfetta autonomia, che la "Cuillère de bois" spettasse solo a chi le perdesse tutte.
In Italia il rugby, pur introdotto a fine Ottocento da Expats britannici, si sviluppò sotto ali e riferimenti decisamente Transalpini, inclusa la nozione di Culliere, riportata poi in libri e pubblicazioni divulgative locali dei soliti ex, poco usi a star lì a farsi troppe domande.
Beninteso, la scuola di pensiero "francese" è perfettamente legittima e adottabile, anche se posteriore a quella "Classic", se non altro perchè il Wooden Spoon è una entità "virtuale", chi l'ha visto mai. Risulta invece lievemente ridicolo - questo sì è da parvenu - pretendere di imporne la correttezza logico-storica, non solo a sprovveduti Continentali ma persino agli autentici tenutari delle tradizioni Britanniche: "che non si azzardino a sostenere il contrario". Come mandare il buon Mario Camicia a St.Andrews a discettar di regole del golf.

Alla fine, come si dice, keep calm and carry on, farsene una ragione: l'Orrenda Stoviglia in versione "Classic" ci spetta anche quest'anno, per la nona volta in dodici edizioni del Sei Nazioni. Oppure no: si può legittimamente credere che non sia così, "alla francese". Se però si vuol tentare di dare un senso meno medievale alla disputa tra scuole di pensiero, si ha solo da decidere se sul piano sportivo serva una coperta di Linus per "consolarsi" o se si vuol giocare per vincere, senza scuse. E Cucchiaio o no, differenza punti markettara o meno, sempre ultimi siamo arrivati anche quest'anno.

5 commenti:

stefano semeraro ha detto...

Dear Abr,
se nel 1973 non c'è stato nessun primo e nessun ultimo, significa che non c'è stata classifica (bastava la differenza punti, ma quella è nata dopo, appunto con l'esigenza di stilare una classifica). Ergo il cucchiaio di legno viene prima della classifica, ergo non può essere attribuito all'ultimo in classifica. Su fonti e tradizioni ci possiamo comunque divertire a dibattere all'infinito, io la penso come Francesco Volpe, co-autore dell'annuario del Rugby - che ricorda come gli stessi britannici assegnino l'ultimo cucchiaio alla Francia nel '57, mentre i galletti sono arrivati ultimi anche nel '69 - e come Luciano Ravagnani, grande storico del Rugby italiano: fonti un po' diverse da wilkipedia. Riporto anche il contributo di un britannico di prestigio come Gerald Davies:
"Two other matters are worth taking into account. There was once the curious attitude of the various unions who refused, until the 1980s, to recognise officially that the championship existed and would admit only that there were individual contests to be played between each country and that each fixture was unrelated to the others.
It was feared that to think otherwise and to believe in awarding points to create a table listing the championship winners and losers would encourage the game to move away from its amateur roots.
That there was a championship table was a figment of the media’s fevered imagination. It was instigated by the print press and credited initially in the 1920s to France, who referred to it as the Tournoi des Cinq Nations. Having encouraged this vision, France were soon to be left out".
Con simpatia,
stefano semeraro

Abr ha detto...

Dear Stefano Semeraro,
innanzitutto grazie per la visita e per la replica, puntuta e in certe parti "Accademica" ma simpatica. Sono quelle che preferiamo.
Nei giornali esiste la contro-replica, quindi chi siamo noi per sottrarci.

-1973: cinque primi ex aequo, evidente che lo spoon non sia stato assegnato, ancorchè "virtualmente" (come si fa a sfottere un pari?). Da ciò dedurne "logicamente" (con tanto di "ergo"), la regola che il Cucchiaio non potesse andare all'ultima classificata, ci pare esercizio un po' tirato per i capelli persino per un cartesiano continentale.
Eppure sarebeb sufficiente ragionare come loro: pride ai primi e sfottò per gli ultimi, questo era il senso alla Cambride-Oxford sia delle "tables" che dello Spoon.

- Massimo rispetto per le fondamentali opere del Volpe e del Ravagnani, ma, come dire, rimaniamo un po' troppo "di periferia" per dirimere la questione molto Brits dello Spoon.
Continua a farsi preferire la definitiva singola riga dell'Ente RBS deputato, parte "history".

- il "britannico di prestigio" Davies: molto interessante. Ma fuor di topic.
Parla di "curios attitude" delle unions, della loro "fear", del "figment" edificato dai media (sempre loro...) sulle classifiche, sul contrasto con la mentalità "cartesiana" francese. Parla di "mood" insomma, di sensazioni non di "burocratizzazioni", di fatti. Riguarda quel periodo in cui il "dilettantismo" subiva i poderosi colpi del Rugby League con tutti quei "Go North", e anche il fronte sud veniva incrinato dalla crescente forza dei Galletti.
Fa venir voglia di scrivere un post al riguardo.

Lo Spoon c'entra poco, o meglio vien sfiorato nel ribadire un certo livello di indeterminatezza nelle "tables", ma che nulla dice riguardo la pretesa che fosse attribuito solo a quella sconfitta da tutti (fuor di Francia).
La indubbia preferenza del confronto "one-to-one" nella mentalità brits: ma qui non sono in due, erano in quattro e poi in cinque ... lo spirito irriducibilmente competitivo dei Brits dovette adattarsi presto, "table" incluse.
La differenza profonda con l'approccio "cartesiano" francese: un mood ben rappresentato crediamo, anzi chiarito nel post.
Una differenza che ha caratterizzato l'evoluzione stessa del rugby, schematizzabile per semplificare giornalisticamente nella divergenza tra approccio anglosassone e francese. Culliere inclusa. E' esattamente la mia posizione.

"Ergo", mi pare di poter dire che i capisaldi della mia replica al tuo articolo:
- il senso della versione "Classic" dello Spoon,
-l'esistenza di pur legittime scuole di pensiero (visto che l'oggetto non è mai stato "burocratizzato"), altro che gridare "non si azzardino",
vengano addirittura rafforzati da questa contro-replica.
In fondo se ci pensi, il Cucchiaio assieme al Terzo Tempo sono due residui di altra era, sopravvissuti nel tempo del pro, dei contratti, del marketing (contro i quali noi, sia ben chiaro, non abbiamo nulla anzi). Sono sopravvivenze non atificiali e imbalsamate da qualche inesistente "burocratizzazione", che ci fanno apprezzare la diversity di questo sport, per celebrare la quale esistiamo.
E se un senso praeter-tradizionale deve avere lo Spoon, è giusto che esso sia piano sportivo: non "grande consolatore" come il ciuccio dei bambini, ma stimolo al scendere in campo per batterle tutte.
Ma come si fa? Una alla volta, come disse Costner ne "The Untouchables", con spirito molto Brits :)

Abr ha detto...

.. e giusto per tornare on topic e apparentemente (solo apparentemente, per i più distratti) contraddirmi: essendo il Wooden Spoon essenzialmente un joke, uno sfottò, è evidente che mal si sposa con un pari vittorie/sconfitte, solo prevalenza nella differenza punti.
Secondo invece la mentalità "one-on-one", per un anno gli Scozzesi sarebbero pienamente autorizzati a menarcela gnè gnè ...

tagus ha detto...

e noi ai francesi,che non è male...

Abr ha detto...

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