venerdì 30 dicembre 2011

Buoni propositi per il prossimo anno

Carletto prende carta e penna e scrive al 2012. Chiede l'X-Factor in campo e pure fuori, ecco perché poi non ci si deve meravigliare se la foto accanto - apparentemente - abbia poco a che vedere con il rugby. Buon anno.

Sono giorni che ho la schiena bloccata, con qualche sintomo di influenza tra cui un forte mal di testa. Eppure non c'è stato periodo, da qui a un anno, in cui mi sia riguardato come da un mese a questa parte: dieta, vitamine, studio, poco alcool... Eppure mi sono ammalato, o meglio, nonostante tutto non sono riuscito a mantenere le premesse. 
E' questa la sensazione che si deve provare anche nell'ambiente azzurro: le premesse per far bene in quest'ultimo mondiale c'erano tutte (preparazione, stimoli, individualità), unite a una grande gasatura da trofeo Garibaldi che la sconfitta, per quanto brutta e indicativa, con la Scozia non aveva minimamente scalfito. Invece sappiamo com'è andata, se n'è uscito anche il buon Nick Mallet e ora ci tocca sperare nel 2012. Cosa sperare? 

Innanzitutto che il nuovo coach Brunel abbia tra le sue doti (o nel suo staff) quella di psicologo: il gruppo, questa è la mia impressione, non crede di essere all'altezza, eppure i risultati degli ultimi tempi della Benetton e in alcuni casi anche della nazionale danno segnali incoraggianti. Accanto a talenti un po' stanchi ultimamente (spero mi smentiscano) come Mauro Bergamasco, Bortolami e Perugini, abbiamo le rivelazioni Cittadini, Rizzo e Morisi di questa prima parte di Pro12. Non voglio fare un elenco delle delusioni e delle rivelazioni, in molti si sono segnalati in un verso o nell'altro, sono solo esempi. Mi basta dire, però, che da Brunel mi aspetto un approccio diverso nelle scelte e nella mentalità. 
Non si deve più guardare solamente al pedigree, o stare a sentire il lamento dei giocatori o dei dirigenti: il coach è lui, deve fare delle scelte che – spero, ripeto – devono tener conto della forma, della motivazione, della testa dei giocatori. Non della storia o della carriera. Non sempre l'esperienza paga, si vede ormai in ogni giornata di Premiership, con 19enni, 20enni e 21enni regolarmente in posti molto “caldi” della linea dei trequarti (e non all'ala come pare consuetudine nel nostro paese italico, dove l'11 e il 14 sono bravi placcatori ma non risorse d'attacco) a decidere le partite. 
Competizione, quindi. Castro non è in forma? Si prova un altro. Un veterano si aspetta di giocare per il suo pedigree e lo esterna alla stampa? Lo mandi con loro a commentare le partite, così si evitano sfuriate dannose in campo, quelle si da uncapped (ogni riferimento a fatti e persone non è casuale). Un'apertura bravina italiana è gradita a qualcuno in alto, mentre il sudafricano e l'australiano di Treviso si guadagnano la pagnotta senza santi? Si convochino quei due lì, che possono pure risolvere il problemino della scarpetta. Quindi mi attendo coraggio, scelte nuove e spocchia un po' francese con tutti, che di rispetto ne abbiamo avuto fin troppo da quel gentleman sacrificato di Mallet. 

I risultati non interessano subito, conta la svolta. Conta la prospettiva, la strada per trovare l'X-Factor. Dopo il 6 Nazioni. Per quanto riguarda il Pro12, aspetto la riscossa degli Aironi, alle prese con problemi di mentalità simili alla nazionale. L'organico c'è, in teoria, per mostrare qualcosa di diverso da quello fatto finora. Orquera con la stagionatura ha migliorato la fase difensiva e ultimamente ha mostrato buone cose al piede, come ai tempi d'oro in Francia. Si attendono gli australi, finora un po' in ombra, Masi e la rivitalizzazione di una mischia molto esperta, in grado di mettere in difficoltà molti e di far crescere, soprattutto mentalmente, i pargoli che nella franchigia più federale sono di qualità. La Benetton deve solo portare avanti il progetto vincente che ha intrapreso da parecchi anni ormai. 

Infine, mi aspetto un cambio di passo dai media: basta il rugby come gioco d'onore, di uomini seri e di fisici scultorei. Vorrei Belen Rodriguez (di spalle nella foto) nella zona interviste, commentatori alla Munari, che uniscono competenza e simpatia, servizi magari meno patriottici nelle sconfitte, ma con spettacolo e azioni, azioni, azioni. Perché ci siamo dimenticati, forse, che il rugby è spettacolo.

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